giovedì 30 novembre 2017

Vizio di forma, Archivio Zeta si ispira all'opera di Primo Levi (Bologna, Teatro delle Moline / 7-10 dic)

Dal 7 al 10 dicembre 2017 (alle 20.30) Archivio Zeta riprende, al Teatro della Moline, Vizio di forma, spettacolo liberamente ispirato ai racconti fantascientifici e all’opera poetica di Primo Levi.

Vizio di Forma - Archivio Zeta foto di Franco Guardascione


Lo spettacolo è la prima tappa del progetto AREADIBROCÀ, che ha come obiettivo di lavorare sulla relazione tra mente, linguaggio, suono, voce, discorso, pensiero. L’area di Brocà, o area del linguaggio articolato, è una parte dell’emisfero dominante del cervello, il centro cerebrale che presiede alla trasformazione in lingua parlata dei nostri pensieri. Prendendo il nome dal medico e anatomista Paul Pierre Brocà, che fu il primo a descriverla nel 1861, AREADIBROCÀ è un cantiere di ricerca dedicato a Primo Levi che, a trent’anni dalla morte, intende indagarne l’opera anche nelle sue parti meno note.



Abbiamo deciso di lavorare sull’opera più nascosta di Primo Levi, così lo spettacolo nelle parole di Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, alla ricerca di una sua voce cosmica e poetica, nel tentativo di trovare destinatari e significati per un balbettio radio senza destinatario e senza senso: siamo partiti dallo studio dei racconti di fantascienza scoprendo un mondo ricchissimo di idee, predizioni, premonizioni, immagini, angosce. Poter lavorare su questo magma incandescente permette al nostro teatro di andare a fondo su diverse questioni aperte in altri spettacoli: il ruolo del pubblico come parte attiva della drammaturgia e della scena, l’analisi metafisica del testo, il rapporto dialettico tra immagine e parola. Su una scena popolata di oggetti di cera, pronti a liquefarsi o a essere modellati, e di fil di ferro, come le sculture volatili, che Primo intrecciava con gli scarti di lavorazione, spazzata da rumori di fondo e venti cosmici che recano frammenti di onde sonore frutto del massimo sviluppo della sensibilità musicale occidentale, su questo spazio profondo e sospeso nel disumanesimo cosmico (così originariamente si sarebbe dovuta intitolare la raccolta di questi racconti) non si tenta di vendere merce, ma di procacciare l’affare della vita, dello spazio-tempo, con gli strumenti analogici della parola e dell’immagine. Le parole e le immagini dovrebbero fissarsi come una vernice, uniformi, senza grumi, ingannare e sedurre tutti noi, spettatori soddisfatti e prigionieri non-nati incatenati nella Caverna. Ma qualcosa si inceppa e inizia a emergere una faglia, un vizio di forma, una lacerazione nel nostro tessuto connettivo, che scopriremo essere ordito tragico, connesso proprio al più grande vizio, quel Lager generato dal sonno della ragione.

Arricchiscono il progetto l’ospitalità sul palcoscenico di studiosi e giornalisti, invitati proprio in virtù della loro passione e conoscenza dell’universo letterario e intellettuale di questo grande testimone, ai quali, dopo lo spettacolo, sarà affidato il compito di approfondire e riflettere, porre e ricevere domande, aggiungere conoscenza e pensiero.



Gli ospiti che hanno accettato l’invito sono: Massimo Bucciantini (Esperimento Auschwitz, Einaudi 2011) ospite l’8 dicembre, Domenico Scarpa (Consulente Centro Studi Primo Levi, Album Primo Levi, Einaudi 2017), ospite il 9 dicembre e Francesco Cassata (Fantascienza?, Einaudi 2016), ospite il 10 dicembre.

Il CANTIERE PRIMO LEVI propone anche LA ZONA GRIGIA, un esperimento di memoria attiva da I sommersi e i salvati di Primo Levi, dedicato alle scuole superiori, in collaborazione con la Scuola di Pace di Monte Sole.

posti limitati, prenotazione consigliata

INFORMAZIONI e PRENOTAZIONI

Teatro delle Moline, Via Moline 1/B, Bologna – www.emiliaromagnateatro.com

La biglietteria al Teatro delle Moline apre mezz’ora prima dell’inizio della rappresentazione.

Prevendita biglietti c/o Arena del Sole, Via Indipendenza 44 Bologna - 0039 051.2910910 - dal martedì al sabato ore 11-14 e 16.30-19. Biglietteria telefonica: 0039 051.656.83.99 dal martedì al sabato ore 10-13.

di Rossella Gibellini


venerdì 24 novembre 2017

Sulle vie dell’illuminazione, come noi vediamo l'India (LAC Lugano, fino al 21 gennaio 2018)

Il LAC propone già da settembre Focus India, un percorso fra le arti e le discipline, che hanno avuto origine nel continente indiano. Si va dalla musica, alla danza, il cinema, la medicina fino allo yoga e alla cucina. Un percorso da Occidente verso Oriente, alla ricerca delle fascinazioni che da secoli ormai riempie l’immaginario occidentale, sempre alla ricerca di un’esistenza più a contatto con la propria profonda spiritualità.

Edwin Lord Weeks - The Last Voyage Souvenir of the Ganges 1885 ca.

Un tragitto al contrario è invece quello da cui si è partiti per mettere insieme l’esposizione Sulle vie dell’illuminazione, 400 opere, che costituiscono il corpus della mostra aperta nelle sale espositive del LAC fino al 21 gennaio 2018. La lente qui è posta sugli occhi degli occidentali, che guardano per esperienza diretta o per sentito dire questo mondo lontano e sempre misterioso, pieno di contraddizioni insanabili ma conviventi da secoli e anche per questo così difficile da comprendere.


GaneshaMusa - opera in ceramica di Luigi Ontani

La mostra comprende opere di arte visiva, scultura e molta fotografia dal 1808 ad oggi. Il 1808 è l’anno in cui venne pubblicato il libro di Fredrich Schlegel Sulla lingua e la sapienza degli indiani, in cui lo scrittore e filosofo tedesco sosteneva che il sanscrito era la lingua madre delle lingue definite appunto successivamente indo-europee. Un libro che segnò l’inizio di un nuovo corso e non solo nella storia delle lingue.
Nella mostra emergono tutti i simboli e per certi versi gli stereotipi del mondo indiano, tutto ciò che è strano e diverso agli occhi di un occidentale. Troviamo perciò magnifiche viste sul Gange con pire e cortei funebri, vacche sacre, principi riccamente abbigliati e folle di poveri, fachiri ed elefanti, divinità dalla testa animale e dalle molte braccia, danze, e personaggi simbolo di quel mondo come Gandhi e Madre Teresa di Calcutta. 

Church Gate Station - foto di Sebastião Salgado

Alcuni artisti hanno giocato con i topoi indiani, reintepretandoli in modo ironico come Luigi Ontani e il suo elefante, altri invece hanno cercato di restituirne immagini più profondamente legate alla realtà del luogo, come le foto di Sebastião Salgado e di Stefania Beretta. Molte sono le opere fotografiche anche di Occidentali, che già ad inizio novecento praticano posizioni yoga o danzano alla maniera indiana, quest’ultima forse più che altro per moda e nella ricerca di un esotismo un po’ fine a se stesso.




Infine da segnalare senz’altro le numerose cover di dischi ispirati al mondo indiano negli anni ‘60/’70 e diverse le immagini dei Beatles nel loro periodo di fascinazione dell’India.

cover di dischi ispirate all'India


di Cristina Radi

per vedere la galleria fotografica della mostra clicca qui 



venerdì 17 novembre 2017

Teatro dei Fauni e ASSI insieme per il Concorso di poesia Antenati con le radici 2018

Fino al 31 gennaio 2018 è possibile partecipare al concorso di poesia Antenati con le radici 2018, dedicato agli Alberi centenari in città e nato dalla collaborazione della compagnia Teatro dei Fauni di Locarno (CH) e dell’Associazione svizzera degli scrittori di lingua italiana (ASSI).

Platani al Debarcadero di Locarno - foto Dona De Carli
Il concorso fa parte di un progetto più ampio di green culture dal titolo Antenati con le radici, ideato nel 2015 dal Teatro dei Fauni, che si propone di incrementare la sensibilità dei cittadini nei confronti del “verde di prossimità”, quello che silenziosamente ci circonda nel nostro quotidiano e che non notiamo più. L’obbiettivo è arrivare a potenziare una coscienza e senso di appartenenza eco green, a partire dal proprio territorio urbano e dai monumentali alberi centenari disseminati nelle città. 

Due volte l’anno in primavera e autunno, Antenati con le radici propone appuntamenti, che si esprimono con il teatro, la musica, la danza e la divulgazione scientifica nelle aree urbane del Canton Ticino (CH), in rete con le associazioni del territorio. Ogni appuntamento è corredato da una cartolina d’arte con una poesia e un’immagine della fotografa ticinese Dona De Carli.

L’evento della prossima primavera, 24 e 25 marzo 2018, renderà omaggio agli alberi del Parco dei Poeti di Ascona e Parco Ciani di Lugano e sarà dedicato alla poesia con il titolo Fruscio di foglie e movimenti poetici. Il Teatro dei Fauni in collaborazione con ASSI, ha voluto farsi promotrice del “Concorso di poesia Antenati con le radici 2018”, che vedrà il suo svolgimento finale proprio durante l’evento di marzo 2018.

Il concorso è gratuito ed aperto a tutti. Per partecipare è necessario presentare una poesia unica in lingua italiana di non più di 14 versi che si ispiri alla tematica degli “Alberi centenari in città”.

Le poesie vanno inviate entro il 31 gennaio 2018 esclusivamente in formato elettronico per email a cristinaradi.osa@gmail.com con i dati dell’autore, luogo e data di nascita, numero di cellulare, recapito postale, indirizzo e-mail e chi desidera una breve biografia.
I testi devono essere inediti e in lingua italiana. 

L'Abete spagnolo di Villa Edera ad Auressio - foto Dona De Carli
Tra le poesie pervenute, una giuria di 3 esperti formata dai poeti Alberto Nessi e Rodolfo Fasani, rappresentante di ASSI e la direttrice artistica del Teatro dei Fauni Santuzza Oberholzer, selezionerà da 3 a 6 testi, dai quali verrà poi decretato il vincitore.

Al vincitore verrà corrisposto un premio in denaro di CHF 500 offerto dall’ASSI (comprensivo dei diritti d’autore per la stampa della cartolina 600 pezzi) e 100 cartoline d’arte stampate con la sua poesia e l’immagine della fotografa Dona De Carli.

I testi selezionati saranno anche stampati, esposti e letti da attori o dall’autore durante l’evento del 24-25 marzo prossimo. Il pubblico presente sarà quindi invitato a votare la propria preferenza.

Il bando integrale è pubblicato nel sito del Teatro dei Fauni: www.teatro-fauni.ch

FB: Teatro dei Fauni

Per info: cristinaradi.osa@gmail.com

di Cristina Radi

lunedì 13 novembre 2017

Castellinaria porta un pezzo di Bologna a Bellinzona (18-25 novembre 2017)

Dal 18 al 25 novembre 2017 all’Espocentro di Bellinzona, e in diversi altri luoghi ritorna Castellinaria, il Festival dedicato al cinema guardato dagli occhi dei più giovani. Il programma è ricco e denso, ma oggi con un po’ di nostalgia per il passato, voglio segnalare l’evento dedicato a Lucio Dalla.




Per chi come me è vissuto a Bologna per molti anni, Dalla era uno di casa, quando lo incontravi in Piazza Maggiore (anzi Piazza Grande) quasi non lo notavi più specie se come me abitavi in centro, era uno fra tanti, che si contraddistingueva a volte per i suoi cappelli. 
La sua scomparsa improvvisa ha lasciato un vuoto in città e la sua casa è diventata quasi una meta di pellegrinaggio per i suoi fans. Per qualche tempo era stata esposta una bella statua nella piazzetta vicino alla sua casa, di lui seduto su una panchina in atteggiamento sorridente e accogliente e ti potevi sedere accanto a lui, ricordandolo. Ora hanno tolto anche quella, chissà perché.


A Bellinzona il 22 novembre in serata verrà presentato il lungometraggio di Riccardo Marchesini Caro Lucio ti scrivo (Italia 2017 – 89’ Genere: Docu-fiction) a lui dedicato, in cui si prende a pretesto il punto di vista della sua postina Egle, un personaggio popolare come lui perché effettivamente lui era così un bolognese tra i bolognesi. La postina Egle entra misteriosamente in possesso di una serie di lettere indirizzate a Lucio. I mittenti sono i protagonisti di alcune delle sue canzoni più belle che hanno deciso di prendere carta e penna per contattarlo. Fiction e documentario diventano una cosa sola per scoprire Lucio Dalla da un punto di vista inedito. Sullo sfondo, Bologna, com’era e com’è. E, ovviamente, le note immortali di Lucio.

Per il programma completo

Bellinzona 30° edizione | 18 – 25 novembre 2017

di Cristina Radi



Chaplin's world             

giovedì 9 novembre 2017

La Fiaba del piccolo cigno di crema

Per il lancio della nuova favola delle edizioni Marnin, domenica 12 novembre alle 14.30 all’Oratorio della Chiesa di S. Antonio di Locarno, andrà in scena Il piccolo cigno di crema, liberamente ispirato al racconto di Federico Martinoni. L’adattamento è di Prisca Mornaghini e Antonello Cecchinato dell’Associazione teatrale Giullari di Gulliver. Le musiche sono tratte dall’opera “Il lago dei cigni” di Pjotr Ilic Ciajkovskij.“Il piccolo cigno di crema” coproduzione Pasticceria Marnin e Collettivo Minimo Giullari di Gulliver dura 30 minuti, è gratuito ed aperto a tutti a partire dai 5 anni.
La fiaba, illustrata da Naomi Antognini, è stata pubblicata dall’edizioni Marnin presso la Tipografia Stazione, Armando Dadò Editore.


Note biografiche di Federico Martinoni
Sono nato nel 1945 e per 40 anni ho fatto il maestro alle scuole elementari. Dal 1990 al 2010 sono stato il responsabile delle ESG (Edizioni svizzere per la gioventù) per la Svizzera italiana. Inventare storie per i bambini mi riempie di gioia.

Prefazione di Franca Antognini
La fiaba del piccolo cigno di crema di Federico Martinoni è la seconda pubblicazione delle edizioni Marnin, volte a promuovere scritti inediti legati al mondo della pasticceria. Il racconto di Federico Martinoni è semplice e diretto e ben si affianca alla filosofia di base della nostra pasticceria, impegnata al mantenimento della tradizione dolciaria nella sua, pur professionale, equilibrata semplicità. La favola è ambientata in un luogo di dolcezza, dove tutto può accadere, luogo dove la normalità di un gesto quotidiano può trasformarsi improvvisamente e magicamente in una favola. È questo l’auspicio che rivolgo al lettore: continuare a sognare, ad utilizzare la fantasia senza confini, perché anch'essa come la bontà e la bellezza... fa bene all'anima.

di Augusto Orsi

venerdì 3 novembre 2017

Paul Klee “La dimensione astratta” alla Fondazione Beyeler, (Riehen) Basilea fino al 21 gennaio 2018.

Nella mostra di Basilea Paul Klee, esalta le arti plastiche con le sue creazioni.
Klee un grande artista del segno e del colore, che nelle sue opere ha rappresentato ed ha interpretato il mondo in cui è vissuto. Oggi, le mostre denominate antologiche tendono ad esporre tutto quello che riguarda l’artista sia nella sfera professionale, sia in quella privata. Quella di Klee non fa eccezione. In questo modo permette al visitatore di conoscere ed apprezzare l’artista e l’uomo nella sua completezza.



Più il mondo diventa scioccante, più l’arte si fa astratta. Per contro un mondo felice fa sviluppare il realismo (Paul Klee)

Per celebrare i suoi 20 anni di esistenza non a caso, la Fondazione Beyeler ha scelto di farlo con Paul Klee, artista che con Picasso è uno degli autori più rappresentati nelle sue collezioni. Ernest Beyeler (1921- 2010) collezionista e fondatore del Museo di Riehen apprezzava la modernità di Klee e amava il suo cromatismo e la sua forza espressiva. Il pittore germanico visse in un mondo inquietante che lo rese infelice. Prima per gli eventi bellici della Prima Guerra Mondiale, durante la quale perse due cari amici, August Mac e Franz Marc, dopo per l’espulsione dall’Accademia d’arte di Düsseldorf, la confisca di un centinaio di opere da parte del regime nazista, la malattia, l’esilio in Svizzera e la morte nel 1940 in un centro di cura a Locarno. La Fondazione Beyeler, mostra in un centinaio di tele la sua grandezza innovativa e la sua creatività nei dipinti astratti. In esposizione non solo tele della Beyeler, ma anche alcune provenienti da 12 nazioni e da svariati collezionisti privati, che fanno conoscere al visitatore la grandezza dell’artista tedesco. 



La sua modernità si legge nei dipinti con superficie a scacchi, dove gli spazi di colore formano strane ma magnifiche scacchiere e strisce orizzontali o nelle tele “puntilliste”, in cui linee e punti conducono l’osservatore in un universo senza fine. Opere luminose, accessibili e positive. Il passaggio di Klee al non figurativo diventa un’evasione. Per lui la pittura astratta non è fine a se stessa o negazione dell’arte, ma un volo verso altri mondi, dove si sentiva libero dalle rovine della guerra e della sua esistenza. Per liberarsi del suo passato aveva bisogno di ali e queste le trovò nella pittura astratta che gli diede la fama.


Di Augusto Orsi