martedì 25 luglio 2017

Una gita a... Augsburg, il museo delle marionette assolutamente da vedere

Il museo delle marionette di Augsburg (sito solo in tedesco, per approfondire in italiano it.wikipedia.org/wiki/Augsburger_Puppenkiste) vale forse da solo una gita in questa ridente cittadina della Baviera, che comunque ha anche molto altro da offrire.

uno dei teatrini del museo delle marionette di Augsburg

Collocato in un palazzo storico vicino al centro, fu fondato negli anni ’50 e divenne famoso grazie agli spettacoli di marionette, trasmessi anche in televisione. Infatti all’interno del museo c’è una saletta in cui si possono visionare questi video e poi vedere le marionette protagoniste esposte al museo. I miei figli pur non parlando tedesco se ne sono visti diversi episodi molto carini. Il museo tiene regolarmente spettacoli dal vivo, soprattutto nei fine settimana.
Durante la nostra visita, le vetrine-teatrini, di cui si compone il museo, erano ispirati soprattutto al tema dei viaggi spaziali con piccole ambientazioni sulla luna, le stelle, i razzi, gli alieni.
Altre vetrine erano poi dedicate ai viaggi di mare e ai fondali marini. Molte vetrine erano dotate anche di piccoli video o storie da leggere in tedesco e inglese.

Augsburg è diventata famosa anche per il quartiere Fuggerei, l’illuminato esperimento del banchiere Jacob Fugger, che nel 1521 fondò il primo quartiere di case popolari ad affitti bassissimi (1 fiorino all’anno, oggi ancora tradotto in 0,88 centesimi di euro) da destinare a chi avesse serie difficoltà per la perdita di salute o lavoro, ma fosse intenzionato comunque a darsi da fare se possibile, per rimettersi in carreggiata. Bando ai fannulloni dunque!
Il Quartiere è un gioiellino, visitabile facendo un biglietto all’entrata ed ancora oggi è gestito dalla Fondazione Fugger,.
Le casette sono davvero graziose e si può visitarne sia una con gli arredi dell’epoca sia una moderna, appartamenti piccoli ma confortevoli. In quello che fu il rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale, sono esposte le immagini di cosa era rimasto del quartiere alla fine della guerra dopo i bombardamenti, molto è stato ricostruito con la solita attenzione a tenere fede all’originale.

la via principale del quartiere Fuggerei

Bello anche il Rathaus, il Municipio che contiene al suo interno una sala dal magnifico soffitto dorato. L’ingresso è gratuito, ma se la sala è impegnata da conferenze o attività del Comune è difficile se non impossibile (come è capitato a noi), poterla visitare con calma e la dovuta attenzione.

Le due serate che abbiamo trascorso ad Augsburg sono state davvero molto piacevoli. Su indicazione di una signora del posto, abbiamo cenato in un Bier Garten davvero particolare presso il centro culturale di Abraxas (in Sommestraße 30, www.reesegarden.de) in una zona periferica della città, vicino all’ex caserma dei militari americani. Di fronte al Bier Garten un bellissimo prato e giochi in legno per i bambini. Qui fanno anche concerti e spettacoli teatrali nella sala teatrale adiacente.
La seconda sera i bambini erano un po’ stanchi di wurstel e ci siamo dati alla cucina giapponese. Devo dire che siamo stati molto fortunati, abbiamo mangiato davvero benissimo nel ristorante Kurofune, dove un cameriere molto gentile ci ha consigliato per il meglio in modo da poter gustare assaggi di diverse proposte, con un inizio di zuppa molto gustosa e poi il classico sushi e sashimi, la tempura, fino a piccole porzioni di sushi vegetariani con salsa di nocciole o di soia, il tutto provato a mangiare con le bacchette di legno. I bambini e anche noi siamo usciti entusiasti e sazi, pronti a rifare presto l’esperienza del cibo giapponese, sperando di ritrovare pari gentilezza e gusto.


Se ti è piaciuto questo post leggi anche Una gita a...

Svizzera, Canton Ticino: A Tremona un villaggio del Medioevo in 3D

Svizzera, Canton Ticino: Barefooting dove farlo in Ticino

Svizzera, Canton TicinoIl maglio di Aranno

Svizzera, Canton TicinoIl lago Tremorgio

Svizzera, Canton TicinoTutta la verità sul Ponte Tibetano di Monte Carasso

Svizzera, Canton TicinoFaido e la cascata della Piumogna

Svizzera, Canton TicinoVal Bavona, un paese abbandonato

Svizzera, Canton Zurigo: Zurigo

Germania: Monaco di Baviera

Germania: Augsburg



mercoledì 19 luglio 2017

PROGETTO HYBRIS, direzione artistica Armando Punzo (Carcere di Volterra / 25-29 luglio 2017)

Dal 25 al 29 luglio 2017, all’interno della Fortezza Medicea di Volterra, si apre il sipario sul primo atto del Progetto Hybris, che prevede cinque giorni di repliche del preludio del nuovo atteso lavoro della Compagnia della Fortezza, accompagnate da un ciclo di incontri di grande prestigio con alcuni tra i più raffinati pensatori del nostro tempo e da serate speciali nell’area recentemente ristruttura della Torre del Maschio.

Armando Punzo

IL PROGETTO HYBRIS
Per celebrare una ricerca artistica che dal 1988 riformula con architetture sempre più visionarie un radicale rifiuto delle leggi della realtà, Armando Punzo ha ideato un progetto speciale dedicato al tema della Hybris. Il progetto, a cura di Carte Blanche, è stato pensato per il biennio particolare che si concluderà nel 2018, anno in cui ricorre il trentennale della Compagnia della Fortezza.

Per due anni, a partire dai temi “impossibili” che caratterizzano la poetica del regista, attraverso spettacoli, incontri, presentazioni, mostre, convegni e laboratori, si proverà a rovesciare la prospettiva comune che assegna al potenziale della superbia un significato negativo. Secondo un fortunato luogo comune, la hybris è la colpa di chi viola leggi divine immutabili. Nel nostro vocabolario vuol dire superbia, insolenza, tracotanza: tutti atteggiamenti da biasimare. Il dizionario etimologico ci dice però che insolente (da in solere) significa “colui che fa cose insolite” e tracotante (da ultra cogitare) è “colui che va oltre col pensiero”. Vogliamo allora intendere Hybris non più come arroganza, come colpa – da punire – del violare i limiti, ma come sfida, coraggio, sogno, amore: come libera, rischiosa, spregiudicata ricerca della felicità, contro ogni apparentemente immodificabile dato di realtà.

Il progetto vede la prosecuzione del felice sodalizio nato due anni fa dall’affinità etica e poetica tra la storia trentennale di Carte Blanche e la vivacità rigorosa e sorprendente dell’associazione giovanile VaiOltre! La sinergia si invera anche in questa occasione in un concreto affiancamento dei giovani al team professionale organizzativo e artistico di Carte Blanche, secondo un innovativo modello di startup gestionale.

LO SPETTACOLO DELLA COMPAGNIA DELLA FORTEZZA
A inaugurare il progetto è Le parole lievi. Cerco il volto che avevo prima che il mondo fosse creato, preludio del nuovo lavoro della Compagnia della Fortezza, ispirato all’opera di Jorge Luis Borges, con regia e drammaturgia di Armando Punzo, in scena dal 25 al 29 luglio (ore 16.00), nella Fortezza Medicea di Volterra.

Il nuovo lavoro, cuore dell’intero progetto, nasce come ideale prosecuzione dell’ultimo spettacolo dedicato all’opera di William Shakespeare. Nella scena finale, Lui e il Bambino, il protagonista e il suo alter-ego, abbandonavano l’isola desolata, l’affresco di trame, intrighi e passioni in cui il Bardo avrebbe voluto imprigionarli per sempre. Dove vanno, ora, quei due? Se non in questa vita, in quale? La scaturigine della nuova ricerca è questa smisurata domanda. Punzo e i detenuti-attori della Fortezza cercano nel vocabolario le parole lievi, quelle che si riferiscono all’universo dell’immateriale, impalpabile, invisibile, in potenza: le parole che designano le idee non ancora pensate, l’uomo che può ancora essere generato, il mondo in cui quei due possono abitare, un mondo in cui «il reale è solamente ciò che vede la maggioranza».

Molte delle riflessioni su Borges e sulle “parole lievi” maturate da Armando Punzo nel corso dei mesi sono raccolte in una conversazione del regista con la drammaturga Rossella Menna, pubblicata nel Ro.Ro.Ro - edizione speciale Progetto Hybris (Clichy 2017). Il Ro.Ro.Ro è un grande foglio di giornale stampato in rotativa, riscoperto di recente da Edizioni Clichy per una prestigiosa collana di classici della letteratura. Per il terzo anno questa particolare produzione letteraria, in una edizione appositamente adattata al progetto della Fortezza, costituirà il più prezioso strumento attraverso il quale il pubblico potrà avere accesso a contenuti che consentono un approfondimento sullo spettacolo e sulla poetica del regista.



DIALOGHI SULLA HYBRIS
In questo anno speciale di novità ed esperimenti, grazie a un ciclo di incontri a cura di Armando Punzo e Rossella Menna, ideati avvalendosi della consulenza scientifica di Federico Condello, la ricerca artistica della Compagnia della Fortezza sarà posta in relazione alle ricerche di alcuni grandi pensatori del nostro tempo, realizzando appieno la vocazione di Armando Punzo alla contaminazione tra linguaggi differenti e al dialogo interdisciplinare.

In ciascuna giornata, al termine dello spettacolo, si terrà una conversazione con esperti di filosofia, sociologia, antropologia, storia, economia e scienza su alcune delle possibili declinazioni del tema della Hybris: utopia, sogno, amore, natura, ricerca della felicità, messa in discussione del principio di realtà. I filosofi Rocco Ronchi e Alessandra Campo dialogheranno “Sul reale oltre la realtà”, mostrando quanto la nozione di ‘realtà’ sia ambigua e sfuggente, fragile e tragica (25 luglio). Il filologo classico Federico Condello e l’antropologo Adriano Favole si confronteranno “Sul cattivo uso della tradizione” (26 luglio), ovvero su usi e abusi di ciò che chiamiamo, in prospettiva storica e identitaria, “tradizione”. L’economista Gianluca Fiorentini e il giurista Stefano Canestrari si interrogheranno invece “Sulle questioni di vita e morte tra economia e biodiritto”, sulla difficile conciliabilità fra ragioni dell’individuo e ragioni del sistema (27 luglio). Spetterà poi alla psicologa sociale Paola Villano e a Alessandro Santoro, prete della Comunità delle Piagge, dialogare su “Chi è fuori dai giochi”, su stereotipi della “normalità” e stereotipi della “differenza” (28 luglio). Chiuderanno il ciclo il genetista Guido Barbujani e la sociologa Chiara Saraceno, che dai rispettivi punti di vista si confronteranno “Sull’equivoco della natura”, su quanta storia, quanti equivoci, quanta pressione sociale e quanto caso si celino dietro le supposte ‘cose di natura’(29 luglio).

Il ciclo di incontri rende ancora più puntuale la storica collaborazione della Compagnia della Fortezza con la Libreria L’Araldo di Volterra, che allestisce, nella settimana del Progetto, un bookshop tematico intitolato Via dalla Pazza Folla: un luogo sospeso in cui rifugiarsi in ogni momento, tra libri e oggetti vintage, per scomporre e ritrovare la drammaturgia del Progetto Hybris, tramite una selezione speciale di volumi che va dalle opere di Borges alle numerose pubblicazioni degli intellettuali ospiti.

CENE AL MASCHIO CON LA COMPAGNIA DELLA FORTEZZA
VISIONI, SUONI E SAPORI TRA IL CIELO E LA TERRA
Nel desiderio di valorizzare al massimo l’incontro tra la Compagnia della Fortezza e il suo grande pubblico che affronta ogni anno viaggi anche molto lunghi per ripetere o provare per la prima volta una esperienza artistica unica, la giornata degli spettatori si arricchisce di un momento prezioso di convivialità. Ogni sera, infatti, al termine dello spettacolo e degli incontri, a partire dalle 19.30, nella Torre del Maschio, nel giardino e negli spazi circostanti recentemente ristrutturati e resi accessibili al pubblico, sarà possibile visitare installazioni video sonore immersive e mostre fotografiche, per un viaggio nel mondo della Compagnia della Fortezza e nella storia della Fortezza Medicea che la ospita. Durante le cene, organizzate in collaborazione con il progetto Serate Galeotte, la Torre del Maschio offrirà “Visioni dall’impossibile”: il luogo più alto e panoramico della Città di Volterra, grazie alle musiche e al sound design di Andrea Salvadori, al visual design di Lavinia Baroni e al light design di Andrea Berselli, accoglierà i visitatori in una veste inedita fatta di musica, suoni e video installazioni dalle opere teatrali della Compagnia della Fortezza. La prenotazione per le cene è obbligatoria, e da effettuare all’atto della richiesta di ingresso in carcere.
Il viaggio nell’universo iconografico della Fortezza prosegue con una videoproiezione di Stefano Vaja, fotografo storico della compagnia, intitolata Porto il cielo sulle spalle, che nel suo archivio di scatti rintraccia quelli che restituiscono meglio la prospettiva ibristica del regista, assumendo come metafora iperbolica quella del mito di Atlante: come Atlante, condannato da Zeus a sostenere per sempre la volta celeste per essersi ribellato al volere degli dei, così Armando Punzo con la Compagnia della Fortezza si fa portatore di un’infinita ribellione alle convenzioni e alle costrizioni, ai ruoli sociali e ai destini già scritti, alle parole esangui e al pensiero forse non superbo ma comunque dominante. Il giovane fotografo Nico Rossi, con Beyond the Wall – Rethinking Humanity, espone invece una serie di ritratti che raffigurano gli attori della Compagnia della Fortezza con i costumi di scena di Santo Genet. Il progetto mira a cogliere l’essenza di una ricerca che mette in crisi i pregiudizi comuni, mostrando come il teatro renda possibile uno stravolgimento dell’elemento reale di partenza, un distaccamento dell’uomo da se stesso che si verifica nell’atto del suo diventare uomo-attore.

Con il Progetto Hybris la Compagnia della Fortezza comincia un nuovo percorso, facendosi concretamente carico di quella vocazione non solo alla produzione di grandi spettacoli, ma alla catalizzazione delle più libere e raffinate ricerche condotte in questi anni in tutti i campi del sapere umano. Trova così nuova linfa, e proprio nel crogiuolo della Fortezza Medicea, il progetto originario di Armando Punzo intitolato ai “Teatri dell’Impossibile”.


Info
Carte Blanche – Centro Nazionale Teatro e Carcere di Volterra
Tel. 0039 0588.80392 - email: info@compagniadellafortezza.org
www.compagniadellafortezza.org
www.facebook.com/compagniadellafortezza
@compfortezza

di Cristina Radi

martedì 18 luglio 2017

“Nella complicità ci siamo salvate”. L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio

Sarà perché con i suoi quasi 13 anni mio figlio maggiore è ormai alle soglie dell’adolescenza, in questo periodo mi capita spesso per caso o con intenzione di imbattermi in romanzi italiani o stranieri, che hanno come protagonisti gli adolescenti.

Nelle scorse settimane sulla spiaggia un’amica lettrice mi ha consigliato e poi prestato un libro, di cui non posso che ringraziarla caldamente. Ho letto il testo tutto di un fiato, ritornando in un momento nel mondo dell’arminuta nonostante le frequenti interruzioni dei miei figli, in questi giorni in vacanza.


Si tratta de L'Arminuta della scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio
Il testo è scritto con una prosa asciutta, scarna ma densa e descrittiva con il solo accostamento di un aggettivo ad un sostantivo, senza ridondanze, proprio a rispecchiare anche nella scrittura, la vita e i personaggi di un mondo senza colori e senza fronzoli. La protagonista racconta in prima persona e di lei non sappiamo neanche il nome, ma solo l’appellativo dei paesani “L’arminuta” appunto, cioè la ritornata. Cresce fino all’età di 13 anni nella convinzione di appartenere ad una famiglia benestante della grande città, figlia unica educata con tutti gli agi e i privilegi di una condizione agiata. 
Poi un evento imperscrutabile e misterioso, le rivela la sua condizione di bambina solo affidata, e quello che lei ha sempre considerato suo padre, senza troppe spiegazioni la restituisce alla famiglia biologica. Le si spalanca così un mondo di cui lei neppure sospettava l’esistenza tutta presa tra danza, amiche, nuoto, un mondo fatto di durezza, ignoranza, miseria . La sua vera famiglia, numerosa ed indigente, abita in un paesino della profonda provincia abruzzese. Qui scopre di avere fratelli maggiori rozzi ed ignoranti, una madre distante e fredda preoccupata più che altro di far sopravvivere ogni giorno la progenie, una sconosciuta che non riesce a chiamare mamma, ma neanche a chiamarla in generale, e così sarà da quel momento anche per la donna che l’ha cresciuta, perdendo per sempre così il senso di maternità e appartenenza. 

Donatella Di Pietrantonio
Unico fiore nel deserto, la sorella minore Adriana, che fin dall’inizio si rivelerà il suo vero Virgilio: l’accompagna, le spiega, la protegge nell’affrontare l’inferno che l’aspetta e che lei conosce bene e in cui sa come muoversi. Come Adriana è la sua ancora di salvezza, così anche lei aprirà alla sorella una finestra su un mondo sconosciuto, fatto di cose migliori e la bambina a differenza dei fratelli, sarà l’unica che con il suo buon senso e la sua intelligenza, saprà cogliere l’opportunità di avere una sorella nuova e una vita diversa.
La voglia e la capacità di apprendere, grazie anche ad un’insegnante attenta, e il legame di sorellanza, che man mano si farà più forte, saranno gli elementi prima di resilienza e poi salvifici da una condizione che altrimenti sembrerebbe disperata, per il totale ed improvviso annullamento dell'identità provocato dalla perdita delle radici, e di ogni punto fermo su cui costruire il futuro.

“Da lei ho appreso la resistenza.”  
Lo svelamento della verità è ancora una volta opera di Adriana, che per il suo bene le rivela quello che nessun altro aveva avuto il coraggio di dirle e che poi la accompagna ad affrontare questa verità così difficile. Con buon senso ed intelligenza, Adriana mette a nudo la pochezza di spirito di adulti incapaci di provare sentimenti davvero profondi. Il finale è così quasi ironico e canzonatorio, il muro è oltrepassato, il futuro si apre di fronte alle due sorelle.


“Nella complicità ci siamo salvate”.

di Cristina Radi

Titolo: L'Arminuta
Autore: Donatella Di Pietrantonio
Edizione: Einaudi
Collana: Supercoralli
Anno edizione: 2017
Pagine: 162 p., Rilegato



lunedì 10 luglio 2017

Una gita a... Monaco di Baviera

Da quando sono in Svizzera ho cominciato ad apprezzare anche i viaggi verso il Nord Europa. Devo dire che prima invece puntavo sempre a Sud, sud del mondo in generale.
Quest’anno alla fine del corso di tedesco in un college a sud della Germania del nostro figlio maggiore, abbiamo preso la palla al balzo e ci siamo programmati una settimana tutta la famiglia a zonzo per la Baviera. Prima tappa obbligata Monaco.
Monaco è una città grande e vitalissima, ma girarla con i mezzi è davvero molto semplice, soprattutto perché c’è una metropolitana grande e molto articolata. Quando arrivo in una città moderna con la metropolitana, io mi rilasso, perché so già che tutto sarà più semplice. Inoltre con un unico biglietto si possono prendere anche gli autobus nei tratti dove la metro non c’è. Il centro di Monaco è proprio bello e a mezzogiorno nella piazza principale Marienplazt (la metro arriva proprio qui) è d’obbligo stare con il naso all’aria per godersi la giostra e i balli delle statue del Glockenspiel nella facciata del Municipio (il Rathaus). 



Da Marienplazt partono diverse strade, in cui è piacevole passeggiare perché totalmente pedonali e sono anche le vie dello shopping. Se si ha un po’ di tempo è molto carino da visitare anche il piccolo e prezioso Museo del giocattolo antico, Spielzeugmuseum lì accanto, nella Torre del Vecchio Municipio, (attenzione non è dotato di toilette, se si ha la necessità bisogna scendere nella vicina metro). Bellissimi i trenini, le macchinine, le vecchie bambole di porcellana e una piccola collezione di Barbie e anche di orsetti di pezza. Per apprezzare tutta Monaco dall’alto la vista migliore si gode dal campanile di Sankt Peter, la cattedrale accanto alla Piazza. Dopo diverse centinaia di gradini, si conquista una vista fantastica, una versione 3D del centro storico di Monaco. Un simpatico signore di Monaco ci ha ricordato quello che già un po’ sapevamo, che la maggior parte degli edifici attuali compresi quelli storici, sono frutto di attente ricostruzioni dovute alle distruzioni della seconda guerra mondiale.

Marienplazt 
Per la pausa pranzo, ma anche per cena se il tempo e la temperatura lo permettono, è bello fermarsi a mangiare all’aperto nel Bier Garten del vicinissimo mercato il Viktualienmarkt. I tavoli, come in quasi tutti i Bier Garten, sono divisi fra quelli apparecchiati in cui i camerieri fanno servizio completo e quelli non apparecchiati, in cui puoi bere solo una birra e prendere da mangiare nei chioschi vicini o portato da casa. I piatti serviti sono i tipici della Baviera e della Germania, salsicce e würstel con crauti e patate, ma veramente buoni così come la birra tedesca che è davvero dissetante per nulla amara, proprio come piace a me. Inoltre in questi giorni abbiamo scoperto la versione Russ, birra e limonata, dissetante e un po’ meno alcolica, il che non è male visto che la misura unica e standard dei bicchieri è di mezzo litro alla volta.

Se vi appassionate come noi ai Bier Garten ce ne sono di belli anche all’Englischer garten, il grande e bellissimo parco della città con al centro un laghetto con cigni, oche selvatiche e altri uccelli selvatici. C’è ne uno anche proprio in riva al laghetto See Garten con un self service.
Con i bambini abbiamo trascorso poi un’intera giornata al DeutschesMuseum, uno dei più grandi musei della scienza al mondo. Non basta, però, solo una giornata per vederlo tutto. Da segnalare la parte della Fisica in cui si possono fare tanti piccoli esperimenti e soprattutto assolutamente da non perdere la dimostrazione sugli esperimenti riguardanti l’elettricità e i fulmini, che c’è una volta al giorno, di solito alle 14.00.

il castello di Nymphenburg
L’ultima giornata la mia famiglia si è divisa, mio marito e mio figlio di 12 anni sono andati a visitare il campo di concentramento di Dachau. Una visita del genere ci è tuttavia sembrata prematura ancora per i più piccoli, otto e tre anni. Soprattutto alla bimba di otto anni, ci è sembrato troppo difficile spiegare l’orrore dei lager. Così io e i piccoli siamo andati a visitare il castello di Nymphenburg, dicono sia il più bello dei castelli di Monaco di Ludovico II. Bello l’interno del castello con una pregevole quadreria, ma assolutamente da non perdere il parco esterno, che è ad ingresso gratuito. Con i bimbi abbiamo fatto una bella passeggiata lungo le sponde del laghetto, in cui c’è anche la possibilità di fare una piccola gita in gondola.

di Cristina Radi


Se ti è piaciuto questo post leggi anche Una gita a...

Svizzera, Canton Ticino: A Tremona un villaggio del Medioevo in 3D

Svizzera, Canton Ticino: Barefooting dove farlo in Ticino

Svizzera, Canton TicinoIl maglio di Aranno

Svizzera, Canton TicinoIl lago Tremorgio

Svizzera, Canton TicinoTutta la verità sul Ponte Tibetano di Monte Carasso

Svizzera, Canton TicinoFaido e la cascata della Piumogna

Svizzera, Canton TicinoVal Bavona, un paese abbandonato

Svizzera, Canton Zurigo: Zurigo

Germania: Monaco di Baviera

Germania: Augsburg



Libere dal 1971! “L’Ordine divino” racconta la lotta per il voto in Svizzera: un gran successo sugli schermi elvetici

La regista italo-svizzera, ma newyorkese d’adozione Petra Volpe con “Die Gottliche Ordnung” (L’ordine divino) vincitore del prestigioso Nora Ephron Prize al Tribecca Film Festival, ha realizzato un valido lungometraggio nel quale con realismo ed umorismo ripercorre il cammino dell’emancipazione femminile in Svizzera. 


Senza salire in cattedra per una lezione di storia, Petra Volpe rende omaggio a tutte quelle donne che timidamente ma con determinazione si opposero a quello che era ritenuto l’ordine divino, della supremazia maschile, escludendole dal diritto di voto in una società che si vuole democratica. Attraverso la storia della sottomessa Nora, relegata al ruolo di custode del focolare domestico e di quelle che come lei si batterono per ottenere, nel 1971, il diritto al voto, il film in modo realista e vibrante ci rende partecipe dell’evoluzione e la conclusione della rivendicazione di quelle donne, della loro determinazione e del loro coraggio nel mettersi contro una società patriarcale, che le vedeva per la prima volta ribellarsi. Film avvincente che ha la sua forza anche nella coralità narrativa, che sa ben dosare i toni drammatici con quelli umoristici, i momenti di tristezza con quelli di gioia. Filmato con maestria, riesce a ricreare con naturalezza i luoghi e l’epoca nei quali si svolge. La storia narrata dalla 47enne regista svizzero-italiana svolge in un villaggio dell’Appenzello. La “location” è stata scelta simbolicamente per raccontare come in una nazione molto conservatrice una donna qualunque, che non si interessa per nulla di politica, a poco a poco viene coinvolta nel movimento di emancipazione, che diventa parte integrante della sua vita quotidiana.

Petra Volpe in una delle tante interviste ha anche spiegato da dove viene il titolo del film. “Dalla propaganda antifemminista dell’epoca che affermava “Ammettere le donne alla politica è andare contro l’ordine divino”. Un’argomentazione molto forte, poiché significa non solo mettersi contro l’uomo ma anche contro Dio”. Come mostro nel film, c’era anche un movimento femminile molto forte contro il diritto di voto che faceva uso di argomentazioni apocalittiche, che giungevano a prevedere la sparizione della Svizzera nel caso le donne avessero ottenuto il diritto di voto.

Petra Volpe che con l’Ordine divino sta avendo un ottimo successo di pubblico, in particolare nella Svizzera di lingua tedesca, ha ottenuto il premio principale alle Giornate di Soletta in gennaio, sette nomination e tre Quartz, gli Oscar svizzeri, a Ginevra in marzo e due premi al Tribeca Film Festival di New York in aprile, a proposito del suo film ha tra l’altro detto “Non è il mio primo film che tratta dell’emancipazione femminile. È un argomento che ha a che vedere anche con la mia famiglia: i personaggi di mia madre e delle mie nonne, sia quella italiana, sia quella svizzera. Sin da quando ero piccola questo tema è stato per me di grande importanza.

di Augusto Orsi