mercoledì 22 febbraio 2017

Il Mast a Berlino anzi no a Bologna

Può succedere che mentre pensi di essere nella periferia di Bologna tra piccole case dai mattoni rossi ti imbatti, quasi per caso, nel MAST (acronimo di Manifattura di Arte, Sperimentazione e Tecnologia) e ti sembra di essere in uno dei quartieri più innovativi di Berlino.


È questo l’effetto che mi ha fatto il MAST la prima volta che l’ho visto. Un’ enorme struttura in vetro e acciaio, che mi ammiccava alle prime luci della sera. Il Mast enorme lo è veramente trattandosi di un complesso di 25 mila metri quadrati progettato dallo studio LABICS, risultato vincitore di un concorso internazionale indetto per volontà della presidentessa di Coesia, Isabella Seragnoli. L’edificio si sviluppa adiacente alla storica fabbrica di G.D. e alla sede centrale del Gruppo Coesia.
Centrato su tecnologia, arte e innovazione, MAST è un centro polifunzionale a disposizione dei collaboratori di Coesia e della comunità. La struttura è suddivisa in una serie di funzioni private, semi-pubbliche e pubbliche che si snodano lungo i tre piani esterni. Una parte del piano terra è dedicato al nido per l'infanzia (per i bambini dei lavoratori di Coesia, ma anche per i bambini del quartiere) le varie aule hanno tutte parenti trasparenti e ondulate sembra di stare in un acquario fatto di giochi per bambini e pennarelli colorati. Al secondo piano ci si trova in un elegante foyer con i pavimenti di marmo bianco e nero per poi accedere all’auditorium, una vera e propria sala teatrale o cinematografica.

Asilo all'interno del Mast
Al piano terra e al primo piano lo spazio (2.000 mq) dedicato alle mostre (soprattutto di fotografia industriale), sempre ad accesso gratuito, incentrato sull'esplorazione dei processi di innovazione tecnologica ed imprenditoriale.
Chiudono il percorso i giardini e le strutture esterne che sono state progettate dal paesaggista Paolo Pejrone e sono arricchite dalla presenza di opere d’arte, tra cui la monumentale scultura rosso fuoco Old Grey Beam di Mark di Suvero e altri interventi scultorei come la Collective Movement Sphere di Olafur Eliasson nell’atrio, la Sfera di Arnaldo Pomodoro nell’academy, il Coffee table di Donald Judd e la Shine di Anish Kapoor nel foyer.

Che vi avevo detto non vi sembra di essere a …Bologna.


di Rossella Gibellini

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Finissage de La bambinaia di Rita Hayworth con lo scrittore Iso Camartin e il chitarrista Claudio Farinone (Museo Vela, 5 marzo)

Domenica 5 marzo dalle 15.30, in occasione del finissage La bambinaia di Rita Hayworth. Katja Snozzi, ritratti fotografici, al Museo Vincenzo Vela, un doppio appuntamento con lo scrittore e giornalista Iso Camartin e il chitarrista Claudio Farinone.



Alle 15.30 ca una visita guidata d’eccezione con il noto scrittore e giornalista Iso Camartin, già autore di un testo del volume Anime centenni, che accompagnerà il pubblico attraverso le opere e i temi dell’esposizione e, a seguire, alle ore 16.00 ca, un breve concerto del chitarrista Claudio Farinone.

Nei tre mesi e oltre di permanenza al Museo, la mostra La bambinaia di Rita Hayworth che propone gli intensi ritratti realizzati dalla fotografa Katja Snozzi a donne e uomini centenni, ha ottenuto un sorprendente interesse da parte della critica e di un pubblico numeroso, eterogeneo, composto da bambini e giovani come da anziani, da amanti della fotografia, ma anche da persone venute in visita al Museo perché interessate al tema della “quarta età”.

Informazioni

Domenica 5 marzo: Finissage La bambinaia di Rita Haywort. Katja Snozzi, ritratti fotografici,

- ore 15.30, speciale visita guidata di Iso Camartin

- ore 16.00 concerto del chitarrista Claudio Farinone

Entrata gratuita

Orari
gennaio - maggio 10.00-17.00
Tutte le domeniche 10.00-18.00
chiuso lunedì

Ingresso alla mostra e al Museo: fr 12.­-
Ridotto e Gruppi: fr. 8.-
scuole del Canton Ticino: ingresso gratuito
altre scuole: fr. 3.-
Carta studente IOSTUDIO: fr 3.-

di Cristina Radi

venerdì 17 febbraio 2017

La ragazza del mondo un film scomodo, ma stilisticamente esemplare, in concorso al Festival del film d'amore di Mons, Belgio

La ragazza del mondo di Marco Danieli in concorso al Festival del Film d'amore di Mons nella sezione Compétion Européenne insieme ad altri 8 lungometraggi di registi europei con film di rilievo provenienti da Grecia, Germania, Francia, Italia… tutti con tematiche che illustrano fatti e personaggi del mondo d’oggi.


Giulia è una diciottenne, acqua e sapone, intelligente e studiosa che appartiene alla “Congregazione” di I Testimoni di Geova. Uno dei suoi doveri principali, oltre a quello di osservare gli stretti e soffocanti principi della setta, è quello di andare di casa in casa per distribuire volantini e fare proselitismo. Intelligente e viva, si rende conto che le regole della congregazione non sono fatte per lei. Dubbi ed incertezze la rendono meno serena. L’incontro con Libero, “ragazzo del mondo”, un tantino sbandato che non fa parte della congregazione, le fa capire che quella dei Testimoni di Geova non è una religione che fa per lei, anche se tutta la sua famiglia ne fa parte ed è praticante. Nel nome dell’amore abbandona la “setta”, diventando una ragazza del “mondo”, appellativo che viene dato dai Testimoni di Geova a chi non segue le loro credenze, ma divenendo così anche “dissociata” equivalente di “scomunicata” e messa al bando, poiché si rifiuta di abiurare e pentirsi. Sara Serraiocco (Giulia) e Michele Riondino (Libero) sono gli attenti e misurati protagonisti dello scomodo lungometraggio di Marco Danieli, documentato ed accurato viaggio nel mondo dei Testimoni di Geova, le loro credenze, i loro paradossi religiosi e la loro organizzazione tentacolare portati per la prima volta sullo schermo in un film di “fiction”.


Carattere dolce ma forte, Giulia affronta con entusiasmo e determinazione la sua nuova vita. Libero, esuberante ma fragile e un tantino sbandato, non riesce a darle l’amore che merita. Allora lei mette fine alla loro unione e continua il suo difficile percorso nel cammino della libertà, che le è tanto costata. La ragazza del mondo è un film scomodo, ma stilisticamente esemplare. I sentimenti e le emozioni sono sempre contenuti. Le credenze de I Testimoni di Geova sono stigmatizzate, ma non condannate in blocco.


Marco Danieli, alla fine del 2015, gira La ragazza del mondo, il suo primo lungometraggio di finzione con il quale nel 2016 approda alla Mostra del Cinema di Venezia, partecipando in concorso alle Giornate degli Autori - Venice Days. Il film comincia poi un vero tour internazionale, partecipando a prestigiosi festival come il BFI London Film Festival e il sudcoreano BIFF - Busan International FilmFestival. Il 9 novembre 2016 La ragazza del mondo è uscito nelle sale italiane distribuito da Bolero Film.

Di Augusto Orsi


giovedì 16 febbraio 2017

La vita possibile, un film sulla capacità di nascere e rinascere ancora - Festival di Mons

“La vita possibile, un film sulla speranza, sulla forza delle donne, sulla capacità di nascere e rinascere ancora." 
La vita possibile di Ivano De Matteo è uno dei film presentati al Festival di Mons, in Belgio, in corso in questi giorni.

Ivano De Matteo, con I nostri ragazzi – storia di due cugini adolescenti di famiglie bene che commettono per bravata un crimine gratuito - aveva già dimostrato di sapere analizzare con giustezza e senza sbavature aspetti particolari di famiglie tipiche italiane d’oggi.


Con La vita possibile ritorna a filmare con accuratezza e partecipazione una storia di grave disagio sociale e psicologico provocati dallo smembramento di una famiglia, quella di Anna, portata allo schermo con giustezza e pietas da Margherita Buy. Anna per mettere fine al calvario di violenza coniugale inflittole da un marito violento si rifugia con suo figlio Valerio a Torino da Carla , amica di vecchia data (resa con la solita effervescenza e bravura da Valeria Golino).
Il minuscolo appartamento torinese diventa quasi una prigione per Valerio, sradicato da Roma, dalle sue amicizie, dal suo tessuto sociale e anche dalla sua amata televisione!


La precarietà lo rende nervoso, irascibile e anche a momenti ribelle nei confronti della madre. A scuola non riesce a farsi dei compagni, non può più giocare a calcio e la sua sola consolazione è vagare in bici nei parchi torinesi, osservare la gente e anche le prostitute che si vendono lungo i viali. Da questi giri, nasce una specie d’amicizia per la platinata Larissa, giovane prostituta vista quasi come una sorella maggiore. Il piccolo emarginato e straniero in patria riesce a superare la sua crisi di solitudine e la mancanza del padre, grazie anche a Mathieu (Bruno Todeschini), gerente del bar sotto casa che lo capisce e lo aiuta. Filmata in modo reale ma anche idilliaco Torino, città distensiva, partecipa positivamente all’integrazione dell’adolescente, al rasserenamento della madre e fa sì che le loro vite diventino “possibili”. Il ben riuscito e godibile film non è un trattato sociologico dell’Italia, ma la presentazione di fatti di famiglie italiane in disagio, con realismo e lirismo, ma non sentimentalismo, in particolare quando i protagonisti sono adolescenti.
La vita possibile presente nel Panorama del cinema italiano e nel Concorso Internazionale di Mons è un valido aspirante per il miglior film del Concorso Internazionale e anche per il migliore attore nella persona del tredicenne Valerio (Andrea Pittorino).




Di Augusto Orsi

lunedì 13 febbraio 2017

Monsieur et Madame Adelman apre la 33° edizione del Festival International du Film d’AMOUR di Mons (Belgio)

Il 33° Festival International du Film d’AMOUR apre a Mons (Belgio) con tanto pubblico sotto qualche fiocco di neve.
Monsieur et Madame Adelman, “diffuso” via internet o in “numérique” come si dice in francese (scrivere proiettato sarebbe errato), alle 18.30 al Théâtre Royal de Mons, completo in tutti gli ordini di posti, invitati, autorità, giornalisti e addetti ai lavori, ha inaugurato il 33° Festival International du Film d’AMOUR mentre non lontano, Berlino celebra grandiosamente il Cinema fino al 19 di febbraio e Locarno annuncia, per il suo 70°, di dare al Cinema Baltico un “First Look”.


Scritto a quattro mani con Doria Tillier, il film è anche la prima regia cinematografica di Nicolas Bedos prolifico scenarista, teatrale e televisivo francese. Il Gala d’apertura si è aperto in musica con la performance dell’Orchestre Royal de Chambre de Wallonie (ORCW) di musica dei film “cantati”. Marthe Villalonga conosciuta ed apprezzata attrice teatrale, cinematografica e di famose serie televisive, (celeberrima Maguy con 333 puntate nel 1985) presentata con brio e tenerezza da André Ceuterick, Delegato Génerale, ha inaugurato la 33° edizione.



Interessante e in diversi momenti delle due e più ore di immagini anche avvincente, Monsieur et Madame Adelman, mette in scena la storia burrascosa di una coppia, che si ama per 45 anni dal 1971 ai nostri giorni. La letteratura in primo piano e la politica come contorno osservata con occhi di sinistra, fanno da sfondo all’odissea amorosa di Sarah e Victor giovani borghesi progressisti. L’insieme, dalla regia traballante, che risente della vulcanica personalità di Nicolas Bedos è accettabile, pur risultando verboso e mancante di sintesi narrativa. Il primo Woody Allen delle alienazioni psicanalitiche e dell’ascendente ebraica popolare, non ben metabolizzato, si fa sentire in modo costante. L’antagonismo dei sessi e l’affermazione smaccata della “supremazia muliebre” ci accompagna per tutte le due ore del film. Monsieur et Madame Adelman potrebbe suggerire l’idea di non partire da un libro per fare un film, ma fare il contrario. Infatti con i suoi inter titoli è già diviso in capitoli ben precisi. Il titolo poi potrebbe essere “Victor uomo e scrittore non riuscito”.

I tantissimi applausi e l’ovazione del pubblico alla fine della pirotecnica proiezione, mi hanno lasciato perplesso in quanto manifestavano sentimenti, emozioni ed apprezzamenti che io non avevo provato.
Guarda il Trailer:



Di Augusto Orsi

domenica 12 febbraio 2017

Il Festival di Mons in Belgio celebra l’amore al cinema (10-17 febbraio 2017)

Dal 10 al 17 febbraio, Mons, storica cittadina belga a 65 chilometri da Bruxelles, celebra l’amore al cinema con il “Festival international du film d’amour” alla 33. edizione. Fino ad una decina di anni fa i Festival di questo tipo erano due: Verona e Mons. Il Festival della città di Giulietta e Romeo, malauguratamente ha cessato la sua attività ed ora resta solo Mons.

La kermesse dell’amore della settima arte si tiene a febbraio nel periodo di San Valentino, che si festeggia il 14 febbraio in tutto il mondo. Seguo il Festival da 25 anni e devo dire che la manifestazione cinematografica, apprezzata da addetti ai lavori, cinefili e pubblico ordinario, è in continua evoluzione logistica e di programmazione, costituendo un notevole polo di attrazione per gli amanti del buon cinema. Il Festival di Mons non è solo cinema, ma serate conviviali internazionali con folkore del paese organizzativo, pomeriggi per le associazioni della terza età e proiezioni didattiche per bambini. I
l cartellone, tra lunghi e corti, presenta un centinaio di film. Il Concorso internazionale con i suoi 11 lungometraggi, provenienti in gran parte dall’Europa ma anche da Asia e Africa, è il piatto forte della manifestazione. Tra gli undici lungometraggi in competizione anche due di cinematografie a noi vicine: l’Italia e la Svizzera.

La vita possibile di Ivano De Matteo Il lungometraggio filma con partecipazione e realismo Anna e suo figlio Valerio e il loro desiderio, la loro determinazione di rifarsi una vita, quella che l’uomo che doveva amarli ha distrutto rendendoli infelici. In Cinémas du Monde, insieme ad altri 19 film vi è anche la coinvolgente commedia romantica.


Sette giorni del regista italo-svizzero Roberto Colla (attualmente sui nostri schermi). In un setting incantevole di una piccola isola a largo di Trapani (Sicilia), Ivan (Bruno Todeschini) e Chiara (Alessia Barella), vivono un’intensa storia d’amore. L’Italia, come ogni anno, ha un suo panorama di sei lungometraggi attuali di spiccato valore cinematografico.


Di Augusto Orsi

Per saperne di più

http://www.fifa-mons.be/

mercoledì 8 febbraio 2017

La bambinaia di Rita Hayworth di Katia Snozzi – parte seconda (Museo Vela fino al 5 marzo)

Se non facevo così non ci sarei mai riuscita, tra un impegno e l’altro continuavo a rimandare.

Sabato piovoso: cosa si fa? Ideona andiamo tutti e cinque al Museo Vela di Ligornetto a vedere la mostra dei centenari di Katia Snozzi. Stranamente mio figlio più grande, 12 anni, mi asseconda e invece si oppone con ostinazione la figlia, 8 anni, che di solito è più accondiscendente verso le mie proposte anche più bizzarre… come questa d’altronde. Il piccoletto di 3 anni è inconsapevole e non ha ancora diritto di voto, per fortuna! Marito favorevole, tanto l’alternativa è stare a casa e piazzare i figli davanti alla TV. 

Alice 110 anni
Dopo tre quarti d’ora di macchina (Locarno-Ligornetto), eccoci di fronte a questa bellissima villa bianca, sede del Museo Vincenzo Vela. Ci accoglie un giardino tutto in salita, che in primavera immagino sia bellissimo. Il bianco prevale ovunque, contrastando con la giornata grigia.
La mostra della fotografa locarnese Snozzi è al primo piano. In macchina avevo preparato i bimbi a quello che avrebbero visto, per invogliarli a scoprire la mostra con piccoli giochi: trovare il ritratto della più anziana, della suora, di colei che aveva posato come una diva. Così mentre loro si approcciavano alle immagini come in una caccia al tesoro, io avrei avuto più tranquillità per osservare meglio le foto.
Museo Vincenzo Vela
Le sale dedicate alla mostra non sono tante, si è dovuto fare una selezione e scegliere solo alcune immagini ingrandite. Ci accoglie quale introduzione generale una lunga parete con una panoramica di tutte le 100 immagini in bianco e nero scattate dalla Snozzi con nomi ed età di ognuno dei soggetti: un totale di oltre 10.000 anni.
I miei figli guardano le foto interessati e osservano stupiti come dalle immagini traspiri per alcuni vitalità, allegria. Il fondo nero dei ritratti fa emergere ancor più questi volti, con cui vorresti dialogare proprio come ha fatto Snozzi, chiedendo la ricetta dell’elisir di vita lunga e serena, o forse almeno pacificata con il passato. Come Alice, che i miei figli notano essere la più anziana con i suoi 110 anni, ritratta con un bel sorriso. Forse arrivati a quell’età alcuni riescono veramente a godersi la vita, giorno per giorno senza troppe aspettative e dando alla serenità il sapore del meraviglioso.



Guardando i miei figli di fronte a queste immagini, mi è venuto in mente che da qualche parte avevo letto che l’aspettativa di vita dei bambini nati in questo millennio è di raggiungere più facilmente il secolo e d’altro canto i volti pieni di storia di questi decani, rivelano ancora qualcosa del loro essere stati bambini, perché forse la vita è un po’ un circolo in cui le estremità sembrano toccarsi.
Ne abbiamo continuato a parlare per giorni. La mostra è piaciuta a tutti i componenti della mia famiglia, segno della trasversalità dei messaggi che traspare dalle immagini.




Snozzi è riuscita, infatti, con perizia a restituirci con il suo sapiente obbiettivo dietro un’espressione vivace o smarrita l’anima oltre lo sguardo, facendoci quasi intuire la personalità e il carattere dei suoi soggetti. Abilità frutto anche di tanta esperienza come si nota anche dagli altri volti in mostra, di bambini e adulti colti ai quattro angoli del mondo, soprattutto nei Paesi più negletti.



Museo Vincenzo Vela

La bambinaia di Rita Hayworth

Katja Snozzi. Ritratti fotografici
fino al 5 marzo 2017

Orari
gennaio - maggio 10.00-17.00
Tutte le domeniche 10.00-18.00
chiuso lunedì

Ingresso: fr 12.­-
Ridotto e Gruppi: fr. 8.-
scuole del Canton Ticino: ingresso gratuito
altre scuole: fr. 3.-
Carta studente IOSTUDIO: fr 3.-

di Cristina Radi

martedì 7 febbraio 2017

La bambinaia di Rita Hayworth, 100 volti per raccontare 100 lunghe vite, parte prima

Da alcune settimane mi propongo di andare a vedere una mostra fotografica che sta riscuotendo particolare interesse, ma tra famiglia e lavoro non ci sono ancora riuscita, intanto però voglio segnalarla. Si tratta de La bambinaia di Rita Hayworth, Ritratti fotografici della fotografa locarnese Katja Snozzi, in mostra al Museo Vela di Ligornetto fino al 5 marzo 2017.



Un viaggio attraverso 100 volti e vite di 100 svizzeri centenari, soprattutto residenti in Ticino, tra loro anche la bambinaia della famosa attrice americana, Elisa, che nei suoi anni fu la bambinaia di Rebecca, figlia di Rita Hayworth e di Orson Welles. In varie interviste Snozzi ha sottolineato che i soggetti sono stati ripresi in momenti di naturalezza, non in posa, mostrandone tutta la loro vivacità ed espressività, a dimostrare come ancora nella quarta età si possa ancora in qualche modo godere della propria esistenza.
Katia Snozzi di fronte ai suoi scatti in mostra
Di certo nelle prossime settimane riuscirò a vedere i ritratti dal vivo, che per ora ho visto solo on line o nei giornali che ne hanno parlato.

di Cristina Radi

guarda la galleria fotografica