giovedì 28 giugno 2018

Il grande narratore dei nostri tempi: Ascanio Celestini

Sono capitata al Concentrico Festival di teatro all’aperto di Carpi (Modena- Italia) quasi per caso, la mia amica Federica mi dice: “sai che a Carpi sabato 16 giugno Ascanio (Celestini ndr) presenta il suo nuovo lavoro La ballata dei senzatetto andiamo a vederlo?"


E così mi ritrovo ancora avvolta nelle spire delle parole di Ascanio Celestini, un grande, un grandissimo del teatro. Ho conosciuto Ascanio credo agli inizi degli anni 2000, in quel periodo portava in scena Radio Clandestina (2000) sull’eccidio delle Fosse Ardeatine. Ho visto quello spettacolo tante volte perché quasi tutte le rassegne teatrali (nella provincia bolognese), di cui Pepita Promoters (la società di ufficio di comunicazione che avevo con le mie socie Cristina Radi e Anna Maria Manera) curava l’ufficio stampa, ce l’aveva in cartellone. Ne rimasi completamente “ingarbugliata” e rapita dal suo modo di raccontare nella sua lingua “romanesca” fatti tragici e commoventi, che ti arrivavano addosso come una doccia fredda. Poi negli anni ne ho visti tanti dei suoi spettacoli e non li ho mai dimenticati (Fabbrica nel 2002, Scemo di guerra. 4 giugno 1944 del 2004, La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico del 2005…) fino ad arrivare a questo ultimo La ballata dei senzatetto (un progetto di narrazione che attraversa tre spettacoli: Laika, Pueblo e il terzo ancora in via di formazione), i cui protagonisti si muovono in una periferia che ruota attorno a due parcheggi: quello del supermercato e quello di un grande magazzino pieno di pacchi.




È la ballata degli ultimi che inizia più o meno così “una prostituta se non muore ammazzata è un fantasma, un barbone se non muore di freddo è un fantasma…”. Protagonisti dello spettacolo sono gli ultimi, quelli che la gente non vede o fa finta di non vedere. Celestini si immagina le loro vite, ce le racconta e per un’ora e mezza ci inchioda alla sedia e non ci lascia andare via. Lui è un fiume in piena e ci rovescia addosso le sue parole e a noi non resta che amare incondizionatamente Domenica la barbona, che muore nel giorno dei prodigi e sotto una pioggia battente, il padre di Giovanni che scopre che il figlio è malato e non riesce ad accettarlo, lo zingaro di otto anni che fuma e tanti altri…
Liberatorio il lungo applauso finale, che il pubblico dedica al grande narratore del nostro tempo.



La ballata dei senzatetto (2018)
di e con: Ascanio Celestini
Con: Gianluca Casadei (fisarmonica, tastiere e live electronics)

Visto a www.concentricofestival.it – 16 giugno 2018
di Rossella Gibellini

domenica 10 giugno 2018

Con ogni tempo: le sculture di Ivo Soldini fra Blu e Lido, Locarno

Per i prossimi due anni le monumentali sculture bronzee dell’artista locarnese d’adozione Ivo Soldini (Ligornetto, 1951), saranno lasciate al sole e alle intemperie negli spazi esterni del Ristorante Blu e del Lido di Locarno.



Nell’idea degli organizzatori, l’arte va così incontro a chi la guarda, uscendo dai luoghi istituzionali. In questa vera e propria galleria d’arte en plein air, infatti, le opere si modificheranno sotto gli effetti dei giochi di luce naturale, di fronte agli occhi di visitatori consapevoli e di passaggio.



Le sculture bronzee di Soldini, forme umane allungate che ricordano l’opera di Giacometti, svettano verso l’alto in dialogo con l’infinito, a volte sfidando la gravità pericolosamente inclinate e richiamando il non finito. Il bronzo, materiale eterno per antonomasia, nelle opere di Soldini sembra farsi argilla o cera in ossimoro con la sua stessa natura.



Come ammette lo stesso artista, le sue opere sono per lui tentativi di fissare il tempo in un istante, per poi lasciarlo scorrere di nuovo, delegando allo sguardo altrui il completamento della forma: un πάντα ῥεῖ fattosi bronzo.

Ivo Soldini è nato a Ligornetto nel 1951.
Fra le mostre personali si segnalano: Pinacoteca Comunale Casa Rusca di Locarno (2017), Chàteau de Gruyères (2005), Centro Svizzero di Milano (2001), Palazzo Civico di Bellinzona (1981).
Fra i suoi lavori presenti in spazi pubblici e privati: Verticale Maschile (Locarno, 2018), Equilibri (Cadenazzo, 2014), Grande Testa (Paradiso, 2009), Tre Grandi Verticali (Horgen, 2009), Rotazioni (Bellinzona, 2005), Omaggio a Borromini (Bissone, 1999), Intervento Artistico (Casteldavesco, 1996), Composizione Diagonale con Sette Figure (Swiss Bank Corporation, New York, 1991), Monumento alla Resistenza (Cesate-Milano, 1990).


Le sculture rimarranno esposte per due anni.

L’esposizione è coordinata e organizzata dallo Studio Angelo Vitali, Gordola.

La realizzazione di questo evento è stata possibile grazie a:

Banca Stato, Blu Restaurant & Lounge, Hutch Design, Elettricità Bronz.

di Cristina Radi




martedì 5 giugno 2018

“Armonie verdi”. Paesaggi dalla “Scapigliatura” al “Novecento”, Museo del Paesaggio di Verbania

Le esposizioni al Museo del Paesaggio di Verbania, dalla sua riapertura nel 2016, sono pregiate mostre tematiche, che hanno ricercate caratteristiche particolari: espongono opere di artisti regionali e nazionali, che esprimono un profondo rapporto con la natura. Lo scorso anno aveva conosciuto ottimo gradimento di pubblico e successo “I volti e il cuore- La figura femminile da Ranzoni a Sironi e Martini”. 

Carlo Fornara,  I due noci, 1920, olio su tela, cm 44 x 56, Museo del paesaggio
Quest’anno muovendosi sulla stessa lunghezza d’onda estetica ed espositiva, la storica dell’arte, docente all’Accademia di Brera e giornalista milanese, Elena Pontiggia presenta “Armonie verdi” (Paesaggi dalla “Scapigliatura” al “Novecento”), fino al 30 settembre 2018.
“Armonie verdi”, prende il suo titolo dall’omonimo olio di Pietro Fragiacomo, esposto in mostra, che nel 1920 venne presentato alla XII Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia.

Pietro Fragiacomo, Armonie Verdi, 1920, olio su tela, cm 78,5 x 117,5, Fondazione Cariplo
La mostra è divisa in tre sezioni cronologiche: Scapigliatura (divisionismo, naturalismo, realismo); Artisti del Novecento italiano; Oltre il “Novecento”, compiendo un affascinante itinerario tra capolavori del paesaggio dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento. Sono scenari agresti di liricismo plastico fatti di colori e luce, che indagano e fanno scoprire il rapporto senza tempo tra l’uomo e la natura.

Ardengo Soffici, Veduta serale del Poggio, 1952, olio su compensato, cm 42 x 52,
Fondazione Cariplo
È guida alla mostra “Armonie verdi”- Paesaggi dalla “Scapigliatura” al “Novecento” un catalogo  illustrato delle opere in esposizione e testi critici di Federica Rabai e Elena Pontiggia edito da Silvana Editoriale.

“Armonie verdi”. Paesaggi dalla “Scapigliatura” al “Novecento”
Fino al 30 settembre 2018
Museo del Paesaggio
via Ruga 44 Verbania, Italia.


di Augusto Orsi