Può succedere che mentre pensi di essere nella periferia di
Bologna tra piccole case dai mattoni rossi ti imbatti, quasi per caso, nel MAST
(acronimo di Manifattura di Arte, Sperimentazione e Tecnologia) e ti sembra di
essere in uno dei quartieri più innovativi di Berlino.
È questo l’effetto che
mi ha fatto il MAST la prima volta che l’ho visto. Un’ enorme struttura in
vetro e acciaio, che mi ammiccava alle prime luci della sera. Il Mast enorme lo
è veramente trattandosi di un complesso di 25 mila metri quadrati progettato
dallo studio LABICS, risultato vincitore di un concorso internazionale indetto
per volontà della presidentessa di Coesia, Isabella Seragnoli. L’edificio si sviluppa
adiacente alla storica fabbrica di G.D. e alla sede centrale del Gruppo Coesia.
Centrato su tecnologia, arte e innovazione, MAST è un centro
polifunzionale a disposizione dei collaboratori di Coesia e della comunità. La
struttura è suddivisa in una serie di funzioni private, semi-pubbliche e
pubbliche che si snodano lungo i tre piani esterni. Una parte del piano terra è
dedicato al nido per l'infanzia (per i bambini dei lavoratori di Coesia, ma
anche per i bambini del quartiere) le varie aule hanno tutte parenti
trasparenti e ondulate sembra di stare in un acquario fatto di giochi per
bambini e pennarelli colorati. Al secondo piano ci si trova in un elegante
foyer con i pavimenti di marmo bianco e nero per poi accedere all’auditorium,
una vera e propria sala teatrale o cinematografica.
Asilo all'interno del Mast |
Al piano terra e al primo piano lo spazio (2.000 mq)
dedicato alle mostre (soprattutto di fotografia industriale), sempre ad accesso
gratuito, incentrato sull'esplorazione dei processi di innovazione tecnologica
ed imprenditoriale.
Chiudono il percorso i giardini e le strutture esterne che
sono state progettate dal paesaggista Paolo Pejrone e sono arricchite dalla
presenza di opere d’arte, tra cui la monumentale scultura rosso fuoco Old Grey Beam di Mark di Suvero e altri
interventi scultorei come la Collective
Movement Sphere di Olafur Eliasson nell’atrio, la Sfera di Arnaldo Pomodoro nell’academy, il Coffee table di Donald Judd e la Shine di Anish Kapoor nel foyer.
Che vi avevo detto non vi sembra di essere a …Bologna.
di Rossella Gibellini
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