Lo scorso sabato ho deciso di staccare un po’, concedendomi
una pausa dalla prole e con un’ora e mezza di macchina Locarno-Milano, sono
andata a vedermi la mostra su Caravaggio, osannata dai media. Da mesi biglietti
on line esauriti, per cui è ormai possibile solo armarsi di pazienza e mettersi
in coda, ma assicuro che ne vale la pena!
Tre ore in fila al freddo sembrano tante, ma in realtà sono
volate leggendo libri scaricati sul mio ebook, aspettando di entrare alla
mostra Dentro Caravaggio a Palazzo
Reale a Milano, la cui chiusura visto il grande successo è stata prorogata fino
al 4 febbraio tutti i giorni aperta fino a mezzanotte (inizialmente prevista per il 28 gennaio).
In passato avevo già visto millantate mostre su Caravaggio,
che però per lo più esponevano solo poche opere del maestro lombardo. Mi
ricordo in particolare di una romana tanti anni fa dal titolo Caravaggio e i suoi, dove c’erano più i
suoi che non Caravaggio, una vera delusione.
Le opere di Caravaggio sono davvero
sparse in tutto il mondo ed è anche per questo che è assai complicato organizzare un’esposizione, che voglia essere rappresentativa del suo lavoro.
Per la mostra milanese, invece, sono stati fatti arrivare
alcuni dei suoi più celebri capolavori dai quattro angoli del mondo, creando un
percorso in climax del suo iter artistico… dalla luce al buio per così dire. Ogni opera è corredata da un’ampia spiegazione scritta in
italiano e inglese e di un brano in audioguida.
Quando si esce dalla visita,
quindi, si ha la consapevolezza di saperne qualcosa in più sulle opere e la
vita di Michelangelo Merisi. Almeno così è stato per me, che non ero affatto
esperta della sua opera, pur conoscendone i dipinti più famosi. Non lo sono
neanche ora, ma per lo meno sono più informata sulla sua vita e sono riuscita
ad apprezzare meglio il suo lavoro, grazie a particolari della tecnica da lui
usata che non conoscevo.
Non sapevo per esempio dell’excursus, che lo ha portato a
creare la tecnica a risparmio, che lo ha reso celebre per le sue zone buie;
tecnica che poi è diventata per lui un modus operandi, ma che inizialmente fu usata
per preparare in poco tempo tele di grandi dimensioni, che i committenti gli
richiedevano pronte in tempi stretti. I fondi scuri preparatori dei dipinti sono
diventati definitivi e via via hanno occupato uno
spazio sempre più ampio nei suoi quadri, fino ad essere una vera e propria
cifra stilistica. Da qui si riconoscono i quadri giovanili con miriadi di
particolari, in cui le figure sono in piena luce e i fondi preparatori chiari,
come nel meraviglioso Riposo durante la
fuga in Egitto.
Riposo durante la fuga in Egitto |
Stupefacente la perfezione delle figure anche in pose
plastiche particolarmente ardue, come quella dell’androgino angelo di spalle,
che suona il violino (la melodia nello spartito è un mottetto ispirato al
Cantico dei Cantici) o della Madonna, che seduta, appoggia la sua testa sulla
testolina del suo bimbo. Anche figure in pose di spalle, ricurve, ritorte
sembrano essere una sua cifra stilistica, dando sempre un senso di movimento come
in un’istantanea fotografica.
La sua pittura è infatti iperrealistica, anche se sappiamo
che per dipingere metteva tutto in scena di fornte a sé, usando modelli presi dalla strada, il
che ricorda molto il cinema neorealista italiano. Madonne, santi, soldati e
carnefici sono presi dal suo mondo quotidiano fatto di osterie e bordelli, ma
sempre con un’attenzione particolare all’estetica, per cui le sue madonne sono
di una bellezza stupefacente e i carnefici di una ferinità quasi bestiale.
La buona ventura |
Questo bisogno di realismo forse lo porta a dipingere quadri con scene di vita
quotidiana e nature morte, come ne La
buona ventura, dove la zingara dallo sguardo furbo legge la mano ad un
ingenuo e sprovveduto giovanotto, che si lascia derubare del suo anello. O nel Ragazzo morso dal ramarro, che al di là
delle possibili interpretazioni allegoriche sulle pene d’amore, è in fondo un
ragazzo che ha una reazione di sorpresa e dolore, di fronte all’inaspettato
morso di un animale nascosto fra fiori e foglie.
Ragazzo morso dal ramarro |
Il dipinto di fronte a cui però sarei stata ore in
contemplazione è senz’altro La Madonna di
Loreto, dove una Madonna di una bellezza fulgente con in braccio il suo
bimbo nudo, esce di casa ed è colta quasi di sorpresa, sembra quasi ritrarsi di
fronte ai pellegrini inginocchiati in adorazione, come in un gesto di
protezione della sua privacy e del suo bimbo che è tuttavia ancora suo, nella consapevolezza di volerlo proteggere dal mondo, che pure oggi lo adora. Ho trovato questo gesto
così umano quasi commovente, seppure affidato ad una donna-divina. Il dipinto
fece scalpore per l’estrema povertà dei due pellegrini dai piedi sporchi e
dalla cuffia sdrucita e perché per la Madonna il pittore aveva usato come
modella Lena, bellissima cortigiana nota a Roma anche
negli ambienti di nobili e cardinali.
Purtroppo le foto sono solo pallidi ricordi degli originali.
La Madonna di Loreto |
Dalla luce dei dipinti giovanili, si diceva, alle figure che
escono dal fondo nero, che diventa sempre
più ampio e rivela solo figure a volte anche dimezzate e alcuni dettagli in luce.
Tutto ciò lo costringe anche a dipingere con la luce fioca della candela rivolta verso i soggetti, per cogliere le ombre. Nelle ultime opere e soprattutto nel
Martirio di Sant’Orsola, ritenuta proprio l’ultima prima della sua morte precoce
non ancora quarantenne a causa di una febbre alta, il buio sembra ormai
fagocitare le figure che quasi a stento la penetrano. Ombra prevalente simbolo forse anche dell’ultimo
periodo di vita da ricercato e fuggiasco in seguito ad un omicidio, che lo rese
ancor più d’animo angosciato e tormentato.
Martirio di Sant’Orsola |
Questi sono solo alcuni spunti dei numerosi altri, che
possono sorgere visitando quella che ritengo davvero una delle esposizioni più
importanti degli ultimi decenni sul lavoro del grande maestro lombardo.
Per info: Dentro Caravaggio
Palazzo Reale, Milano fino al 4 febbraio 2018
Catalogo Edizioni Skira 39 euro
di Cristina Radi
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