Nostalgia, il libro postumo di Ermanno Rea, non si può solo
leggere, si deve assaporare. Per me abituata a correre da un posto
all’altro fra famiglia, casa, lavoro, è stato difficile all’inizio prendere il
ritmo di un libro, che ti prende per mano e ti fa passeggiare attraverso strade,
vicoli, chiese e monumenti del Rione Sanità di Napoli, fecendotelo scoprire con
gli occhi di Felice Lasco, protagonista del libro. Napoli dai mille volti, mi
piace tanto, ha così tanta bellezza da offrire, comunque sempre soverchiante
rispetto a tutti i suoi problemi.
L’incipit del libro mi ha fatto ripensare a Cronaca di una morte annunciata di Marquez, anche qui fin dall’inizio sai già che come Santiago, anche Felice morirà ammazzato e per mano di chi non vorrebbe forse farlo, ma è costretto dagli eventi e dal proprio orgoglio. La vicenda narra di Felice Lasco, che ancora adolescente è costretto a lasciare la madre, la Sanità e la sua Napoli perché un furto commesso con il suo amico fraterno Oreste Spasiano, Malommo, con cui ha un rapporto di amore-odio, si è trasformato in omicidio. Lasco scappa cercando di lasciarsi alle spalle il passato, tenta inutilmente di rimuoverlo per oltre 40 anni, con il lavoro, viaggiando tanto e dimenticando persino la propria lingua, ma alla fine sotto forma di madre morente, il passato lo assale di nuovo e lui è costretto a tornare. L’attrazione magnetica per le sue radici gli farà preferire la morte ad una nuova partenza, ad una vita vissuta a metà.
Il cooprotagonista è il Rione Sanità da cui emergono
criminalità e sparatorie, ma anche le catacombe, una chiesa mirabile con tesori
inestimabili e persone coraggiose e realiste, che incidono positivamente nel
tessuto, nonostante siano avvertiti come ribelli dalle istituzioni e
antieconomici dal tessuto imprenditoriale ufficiale. Tutti i personaggi sono
così veri che per tutto il libro ti chiedi se sono reali ed in effetti per
molti di loro è così. Come Don Luigi Rega alter ego del caro amico prete
della Sanità, Don Antonio Loffredo. Il prete ribelle, che non obbedisce e non
si piega pur di coltivare il bene anche dove sembra ci siano solo ombre. Don
Luigi, figlio di imprenditori, al posto del profitto sfrenato mette al centro
la fraternità per far giare comunque l’economia, perché con i suoi ideali è
comunque un prete concreto, che vive nella realtà di degrado dei suoi
parrocchiani e proprio lì crea cooperative, bed & breakfast, giri turistici
con guide che si sono formate con il suo sostegno. Bellissimo il lungo brano in
cui Don Luigi affronta il tema salvifico del viaggio, del conoscere altre
realtà, altre culture, allontanandosi dalla propria, dove poi si può tornare ma
con altri occhi. Anche per Lasco il viaggio, il prendere le distanze e
conoscere è stato salvifico, rimanere l’avrebbe forse condannato a diventare un
criminale come Oreste.
L’incipit del libro mi ha fatto ripensare a Cronaca di una morte annunciata di Marquez, anche qui fin dall’inizio sai già che come Santiago, anche Felice morirà ammazzato e per mano di chi non vorrebbe forse farlo, ma è costretto dagli eventi e dal proprio orgoglio. La vicenda narra di Felice Lasco, che ancora adolescente è costretto a lasciare la madre, la Sanità e la sua Napoli perché un furto commesso con il suo amico fraterno Oreste Spasiano, Malommo, con cui ha un rapporto di amore-odio, si è trasformato in omicidio. Lasco scappa cercando di lasciarsi alle spalle il passato, tenta inutilmente di rimuoverlo per oltre 40 anni, con il lavoro, viaggiando tanto e dimenticando persino la propria lingua, ma alla fine sotto forma di madre morente, il passato lo assale di nuovo e lui è costretto a tornare. L’attrazione magnetica per le sue radici gli farà preferire la morte ad una nuova partenza, ad una vita vissuta a metà.
Ermanno Rea |
Alla fine lo sai ma ci resti male lo stesso perché Felice è stato ucciso; Oreste e forse la fiducia incondizionata nella Sanità lo hanno tradito, eppure il libro altro non è che un feedback a ritroso dal suo omicidio. Io credo che Oreste non
volesse ucciderlo, gli concede tre giorni per scappare e glielo fa capire in tutti i modi, passano i giorni e puoi immaginare il suo rovello,
anche se Rea non ne fa cenno perché questo è il libro di Felice. E proprio gli
occhi di Felice vanno al di là di quello che c’è in superficie, solo lui vede
il buono che c’è nel fondo di Oreste e lui con occhi nuovi guarda e riscopre il
buono del suo quartiere fatto di bellezze storiche e persone straordinarie.
Alla fine una profonda verità è racchiusa nel fatto che comunque una parte del proprio destino è già scritto nelle proprie origini.
di Cristina Radi
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