Cosa fa di un libro un classico? In queste settimane mi è
capitato di rileggere Il buio oltre la
siepe della scrittrice americana Harper Lee (Monroeville, Alabama 1926 -
2016), che avevo letto forse al liceo. Allora mi era piaciuto molto, ma
sicuramente non ne avevo colto tutta la profondità.
Così me lo sono scaricato sul mio ebook dalla piattaforma
medialibrary
(sito delle biblioteche digitali del Nord Italia e Ticino).
Harper Lee è venuta a mancare proprio
all’inizio di quest’anno, dopo aver inaspettatamente pubblicato un secondo
libro Va’ metti una sentinella, che
ha lasciati perplessi lettori e critici, e che è un sequel a 55 anni di
distanza de Il buio oltre la siepe,
anche se è stato scritto prima. Lo sto leggendo in questi giorni.
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Gregory Peck nei panni di Atticus Finch |
Il buio oltre la siepe
è stato pubblicato nel 1960 e valse alla Harper, uno dei più ambiti
riconoscimenti, il Premio Pulitzer. Il libro è ambientato in un immaginario
paese del Sud degli Stati Uniti negli anni ’30 ed è narrato dalla voce della
protagonista adulta, Scout, che però all’epoca dei fatti aveva solo 6 anni. La
cifra di tutto il libro è proprio la diversità, nelle sue varie sfaccettature.
I bambini (Scout e suo fratello Jem di 10 anni) vedono e raccontano le cose
diversamente da come farebbe un adulto, per loro orfani di madre e allevati dal
padre avvocato Atticus Finch e dalla loro cuoca di colore, Calpurnia, non ha
senso la distinzione tra bianchi e neri. Distinzione che invece sembra avere
molta importanza per tutta la comunità degli adulti. Per loro invece il diverso
è il vicino di casa Boo Radley, segregato da sempre in casa, diverso
misterioso e quindi temibile. Solo la conoscenza diretta ribalterà
completamente la situazione.
Collegato al senso del diverso, il pregiudizio usato come
vero e proprio sistema da un’intera comunità, per mantenere uno status quo di
privilegi: i pregiudizi sono muri virtuali, poi arrivano anche i muri fisici.
Eroe positivo del libro Atticus Finch, avvocato come il
padre di Harper Lee che però era di idee reazionarie e segregazioniste. Forse
proprio in contrasto con il suo vissuto, la scrittrice crea una figura paterna, che ha la saggezza e l’imperturbabilità di una divinità (Atticus nomen omen). Finch,
cognome da nubile della madre di Harper, viene nominato avvocato d’ufficio di
Tom Robinson dal giudice Taylor, che spera così di riuscire a scagionarlo dall’accusa
palesemente ingiusta di aver abusato di una ragazza bianca. Finch fa un ottimo
lavoro, dimostrandone l’innocenza, eppure il pregiudizio ha la meglio e la
giuria bianca condanna Tom, che sentendosi ormai disperatamente in trappola
tenta la fuga e viene ucciso dalla polizia. Vi ricorda qualcosa tutto questo?
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Harper Lee |
Il libro è infatti di un’attualità
strabiliante, si affrontano tematiche ancora oggi irrisolte negli Stati Uniti,
ma anche in molti dei Paesi occidentali, come la gestione del diverso, la
questione razziale, il pesante dubbio che la legge è uguale per tutti, ma capita
che alcuni siano più uguali di altri, Orwell insegna. Nel libro si dice “se c’è un posto al
mondo dove l’uomo dovrebbe essere sicuro di trovare giustizia è il tribunale,
di qualunque colore dell’arcobaleno sia la sua pelle”. Eppure così non era
allora e spesso non è così neppure oggi. Tutti nodi che ci riportano negli
occhi le immagini delle proteste della comunità afroamericana e alle nostre
latitudini l’esodo degli emigrati.
Anche la questione delle armi è ampiamente affrontata e si
comprende bene come la pensasse già negli ’60 la giovane Harper Lee. Atticus è
un ottimo tiratore, eppure i suoi figli neppure sospettano che lui sappia
sparare, perché non gira mai armato nella convinzione che “uscire con il fucile equivale a chiedere a qualcuno di spararti addosso”.
Più chiaro di così.
Il titolo originale To
kill a mockingbird (uccidere un usignolo) fa riferimento senz’altro al
vicino Boo Ridley, psicologicamente molto fragile ma anche molto sensibile. Io
penso però che abbia una valenza più ampia, estendendo il significato anche
alla figura di Tom Robinson e per sineddoche a tutta la comunità di colore, che
a causa dei pregiudizi, è indifesa e fragile come un usignolo, a cui anche un
ragazzo può sparare per gioco e provocarne una morte insensata e ingiusta.
In questi giorni casualmente o forse niente accade per caso
due diverse emittenti hanno riproposto anche il bel film tratto dal libro nel
1962 del regista Robert Mulligan, che valse un meritato Oscar a Gregory Peck nei panni di
Atticus.