Sarà perché con i suoi quasi 13 anni mio figlio maggiore è ormai alle soglie
dell’adolescenza, in questo periodo mi capita spesso
per caso o con intenzione di imbattermi in romanzi italiani o stranieri, che hanno
come protagonisti gli adolescenti.
Nelle scorse settimane sulla spiaggia un’amica lettrice mi
ha consigliato e poi prestato un libro, di cui non posso che ringraziarla
caldamente. Ho letto il testo tutto di un fiato, ritornando in un momento nel
mondo dell’arminuta nonostante le frequenti interruzioni dei miei figli, in
questi giorni in vacanza.
Si tratta de L'Arminuta della scrittrice abruzzese Donatella
Di Pietrantonio.
Il testo è scritto con una prosa asciutta, scarna ma densa e
descrittiva con il solo accostamento di un aggettivo ad un sostantivo, senza ridondanze, proprio a rispecchiare anche nella scrittura, la vita e
i personaggi di un mondo senza colori e senza fronzoli. La protagonista racconta in prima persona e di lei non sappiamo neanche il nome, ma solo
l’appellativo dei paesani “L’arminuta” appunto, cioè la ritornata. Cresce fino
all’età di 13 anni nella convinzione di appartenere ad una famiglia benestante
della grande città, figlia unica educata con tutti gli agi e i privilegi di una
condizione agiata.
Poi un evento imperscrutabile e misterioso, le
rivela la sua condizione di bambina solo affidata, e quello che lei ha sempre considerato suo padre, senza troppe spiegazioni
la restituisce alla famiglia biologica. Le si spalanca così un mondo di cui lei neppure sospettava l’esistenza tutta presa tra danza, amiche, nuoto, un mondo fatto di durezza, ignoranza, miseria . La sua vera
famiglia, numerosa ed indigente, abita in un paesino della profonda
provincia abruzzese. Qui scopre di avere fratelli maggiori rozzi ed ignoranti, una
madre distante e fredda preoccupata più che altro di far sopravvivere ogni giorno la progenie, una sconosciuta che non riesce a chiamare mamma, ma neanche a
chiamarla in generale, e così sarà da quel momento anche per la donna che l’ha cresciuta, perdendo per sempre così il senso di maternità e appartenenza.
Donatella Di Pietrantonio |
Unico fiore nel deserto, la sorella minore Adriana,
che fin dall’inizio si rivelerà il suo vero Virgilio: l’accompagna, le
spiega, la protegge nell’affrontare l’inferno che l’aspetta e che lei conosce
bene e in cui sa come muoversi. Come Adriana è la sua ancora di salvezza, così anche lei aprirà alla
sorella una finestra su un mondo sconosciuto, fatto di cose migliori e la
bambina a differenza dei fratelli, sarà l’unica che con il suo buon senso e la sua
intelligenza, saprà cogliere l’opportunità di avere una sorella nuova e una vita diversa.
La voglia e la capacità di apprendere, grazie anche ad
un’insegnante attenta, e il legame di sorellanza, che man mano si farà più
forte, saranno gli elementi prima di resilienza e poi salvifici da una condizione che altrimenti
sembrerebbe disperata, per il totale ed improvviso annullamento dell'identità provocato dalla perdita delle radici, e di
ogni punto fermo su cui costruire il futuro.
“Da lei ho appreso la resistenza.”
Lo svelamento della
verità è ancora una volta opera di Adriana, che per il suo bene le rivela quello che nessun altro aveva avuto il coraggio di dirle e che poi la
accompagna ad affrontare questa verità così difficile. Con buon senso ed intelligenza, Adriana mette a nudo la pochezza di spirito di adulti incapaci
di provare sentimenti davvero profondi. Il finale è così quasi ironico e canzonatorio, il muro è oltrepassato, il futuro si apre di fronte alle due sorelle.
“Nella complicità ci siamo salvate”.
di Cristina Radi
Autore: Donatella Di Pietrantonio
Edizione: Einaudi
Collana: Supercoralli
Anno edizione: 2017
Pagine: 162 p., Rilegato
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