venerdì 18 dicembre 2020

Adolescenti e diversità e una Befana un po' particolare: due film visti e commentati da Augusto Orsi

Mio fratello rincorre i dinosauri

Fin da piccolo, Jack ha creduto alla tenera bugia che i suoi genitori gli hanno raccontato, ovvero che Gio, suo fratello, fosse un bambino "speciale", dotato di incredibili superpoteri, come un eroe dei fumetti. Con il passare del tempo Gio, affetto dalla sindrome di Down, diventa, per suo fratello, un segreto da non svelare. Con questo sentimento nel cuore, Jack trascorre il tempo delle scuole medie. Quando poi conosce il primo amore, Arianna, la presenza di Gio, con i suoi bizzarri e imprevedibili comportamenti, diventa per lui un fardello tanto pesante da arrivare a negare, a lei e ai nuovi amici del liceo, l'esistenza di Gio. 

L’ambientazione del film tratto dall'omonimo romanzo Mio fratello rincorre i dinosauri, è volutamente anonima: un non-luogo mai nominato tra pianure del Nord e città medie. I personaggi principali Gio, Jack e Arianna sono ben sagomati e presentati al meglio anche sul piano psicologico mentre altri, come i genitori mancano un tantino di spessore e suonano artificiali. Gio, poi merita un plauso particolare in quanto porta su di sé tutto il film. Il lungometraggio ha vinto, per la sua originalità, un premio europeo prestigioso per il cinema italiano, si è aggiudicata l’Efa Young Audience Award, conferito da una giuria composta da oltre 7mila ragazzi e ragazze di 69 Paesi europei. L’opera prima è un racconto di formazione adolescenziale incentrato sul disagio e la vergogna, che ogni teenager prova nei confronti della propria esistenza, a maggior ragione se "ostacolata" dalla diversità. Mio fratello rincorre i dinosauri, dopo l’acclamata prima alle Giornate degli Autori al Festival di Venezia lo scorso anno, prima dell’emergenza sanitaria, ha conquistato il pubblico delle sale (distribuito da Eagle Pictures) diventando un vero e proprio caso cinematografico grazie anche a un cast notevole con, tra gli altri, Isabella Ragonese, Alessandro Gassmann perfetto nel ruolo del padre e la musa di Almodóvar, Rossy De Palma. Il lungometraggio è anche diventato recentemente argomento di una tesi di laurea all’Università di Bologna. È stato anche presentato con successo a Castellinaria Festival del cinema di Bellinzona Svizzera nella sezione Kids. Il lungometraggio di Stefano Cipani è un prodotto di buona levatura cinematografica, che si ascrive degnamente nella serie dei film che hanno narrato i “diversi” e le loro vicissitudini.

La Befana vien di notte del regista Michele Soavi porta sullo schermo la filastrocca “La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte”, che passando dalle parole che tutti i bambini hanno cantato alle immagini, prende le fattezze di Paola Cortellesi, una bella e simpatica maestra di scuola elementare con un segreto da nascondere: di giorno è la maestra di uno sperduto paesino ricolmo di neve e la notte prende i panni leggendari della mitica nonnina con le rughe e un po’ sdentata: è la befana, che cavalcando la sua scopa magica il 6 gennaio dispensa giocattoli e dolciumi ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi. 

A ridosso dell’Epifania, di un anno non precisato, ma senz’altro non lontano, viene rapita da un produttore di giocattoli vanitoso e fanfarone, il ben in carne Mr. Johnny dalla memoria inossidabile e dall’odio tenace, che accusa la dolce maestrina dalla doppia vita movimenta di avergli rovinato l’esistenza il 6 gennaio di 20 anni prima. Su queste premesse promettenti per un “fantasy” e in paesaggi d’inverno, che il film rende incantevoli, si snoda la rocambolesca storia. Sei dei suoi alunni si scatenano sulle loro bici per salvarla. Ne esce fuori un film divertente, ma sgangherato che in alcune sequenze non ha né capo né coda. Tra magia, sorprese e risate, riusciranno a salvare la Befana? Non lo scrivo. Desidero tenere il segreto affinché qualcuno guardi il film lo apprezzi e si diverta, su qualche piattaforma ora che le sale buie sono chiuse o poco frequentate a causa dello stramaledetto Corona Virus. Personalmente non ho trovato il lungometraggio di Michele Soavi riuscito completamente in quanto la storia è restata embrionale, per l’interpretazione, a parte quella della Cortellesi che sfodera qualità da mattatrice, è ripetitiva in Stefano Fresi, il panciuto inconcludente Mr Jonny e sbiadita in quella dei 6 piccoli coprotagonisti, che a parte il pedalare allegramente all’impazzata su strade innevate, non sanno ben cosa fare per liberare la povera maestra dalla doppia esistenza, ostaggio di uno gioioso e inconcludente rapitore. Allo sceneggiatore napoletano Nicola Guaglianone e al regista Michele Soavi mentre dico bravi per aver tentato di darci un fantasy, genere poco presente nella cinematografia italiana di ieri e di oggi, li esorto a ritentare con un prodotto meglio strutturato. A parte le osservazioni e critiche La Befana vien di notte è un lungometraggio piacevole e distensivo.

di Augusto Orsi

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.